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(Just one moment)

Camp + streetparade contro il G7 salute @Ancona #NotOnMyBody


Dettaglio eventi


Dalle Marche l’invito a partecipare a una tre giorni di dibattiti per aggiornarsi reciprocamente e prepararsi alle due manifestazioni di venerdì 11 e sabato 12.

Qui il comunicato della Street Parade!

Sulla Rivista Malamente invece potete trovare una non più così scontata sintesi di cosa stia a rappresentare il G7 ed in particolare di cosa tratteranno i delegati dei grandi monopoli ad Ancona, per poi spiegare da che spinta e con quali intenti si sta costruendo una Rete NO G7. Riportiamo alcuni paragrafi dell’articolo citato (qui l’integrale):

Ogni società ha i suoi rituali politici. La nostra non fa eccezione. Nel 1975 attorno a un grande tavolo fiorito, in una sala regale del castello di Rambouillet in Francia, sotto le luci dei riflettori e l’obiettivo delle telecamere ancora analogiche, si riunirono i capi di stato e di governo di sei paesi. Erano le prime nazioni industrializzate del mondo, tutte potenze coloniali e sorprendentemente ne faceva parte anche l’Italia. L’idea pare sia stata dei presidenti di Francia e Germania, per provare a mettere una pezza su una delle più importanti crisi del capitalismo occidentale dopo il boom degli anni Cinquanta e Sessanta: austerità economica, crisi petrolifera, giovani che non ne vogliono più sapere di lavorare.

Se vogliamo vederla dalla parte dei capitalisti possiamo parlare di ristrutturazione o rivoluzione neo-liberale: si era infatti negli anni in cui la prospettiva di innovazione socialista di Allende in Cile era stata sconfitta con argomentazioni di piombo e in Europa la lunga ondata di rivolta giovanile del Sessantotto stava combattendo anche con le armi in pugno ma si avviava sulla sua parabola discendente.

Il riduzionismo biomedico e tecnocratico si è affermato in tempi di crisi sanitaria acuta, ma oggi comporta il rischio di un accesso selettivo all’assistenza sanitaria. Per garantire una salute per tutti e ridurre in modo sostenibile le disuguaglianze sanitarie all’interno dei paesi e tra di essi, sono necessarie politiche coerenti di salute per tutti. La salute globale deve innanzitutto perseguire l’applicazione del diritto universale alla salute e contribuire al superamento delle disuguaglianze globali. Non ci sembra questa la strada intrapresa dalla nostra piccola regione e dal nostro paese in mano agli eredi di Berlusconi e Mussolini.

Gli attivisti e le attiviste marchigiane hanno organizzato una Rete di azione contro il G7 Salute e una campagna Not on my body, lanciata dai Centri sociali delle Marche. Entrambe le iniziative hanno deciso di costruire un’agenda comune aperta ai contributi dalle reti nazionali interessate al tema della salute. L’obiettivo è quello di gettare in faccia ai ministri e al loro staff di esperti le contraddizioni globali che emergono dai bisogni di salute locali.

La città si prepara ad accogliere esperti, attivisti e manifestanti da tutta Italia. Si affronta il “controvertice” con la consapevolezza che alle spalle c’è un’epoca di mobilitazioni che non potrà tornare uguale a sé stessa, e che la situazione attuale a livello di partecipazione è senza dubbio difficile. Si stanno organizzando conferenze di critica e piattaforme di lavoratori e cittadini in difesa della sanità pubblica. Mentre l’amministrazione comunale si affanna a tappare le buche delle strade, l’opposizione al vertice organizza e diffonde le sue proposte. In contemporanea al vertice si svolgerà il Festival a tutta salute uno spazio di incontro, apprendimento e lotta aperto alla partecipazione di singoli e gruppi che ha l’obiettivo di produrre iniziative contro il vertice e creare nuove connessioni.

Le iniziative contro il G7 si sono intrecciate anche con percorsi già avviati creando interessanti convergenze. A partire dall’offensiva del governo Meloni contro i giovani concretizzata nella legislazione “anti-rave” del 2022 abbiamo visto negli ultimi mesi del 2023 la rinascita di un circuito anti-repressivo a livello nazionale, che ha ricominciato a riflettere su concetti fondamentali come la riduzione del danno, la depenalizzazione e la legalizzazione. La prima street parade che si è svolta a giugno 2023 ad Ancona ha provato a comunicare ai partecipanti alcuni preziosi concetti di base: che le sostanze vanno affrontate anzitutto con l’informazione e la consapevolezza, e che la depenalizzazione può stimolare le capacità di autodifesa e autoregolazione della società togliendo spazio agli imprenditori della violenza e della paura, alla criminalità e alla polizia che vivono in una perversa simbiosi. Questo è il senso del collegamento di una street parade annunciata in contemporanea alla fine del vertice del G7, per il 12 ottobre. L’iniziativa vuole raccontare, superando gli stereotipi e la paura imposte dalla narrazione criminalizzante della destra, il desiderio di festa, di liberazione e di legalizzazione contro gli imprenditori e della repressione.

L’appuntamento di ottobre ad Ancona rappresenta quindi una doppia scommessa e opportunità. Da un lato sporcare se non addirittura rompere l’incanto della vetrina del governo regionale a guida Fratelli d’Italia su un tema di grande importanza per tutto il paese come la salute pubblica. Dall’altro fare esercizio di mobilitazione, di relazione, di lotta per mantenere vivi i canali di comunicazione, le capacità, la creatività di vivere la città e i territori come spazi da cui trarre forza e ispirazione per percorsi di cambiamento radicale.

Dal 9 ottobre fino al 12 mattina: eventi, formazioni, incontri, musica, scambi e tanto altro.

Vogliamo creare un luogo e uno spazio dove poter condividere, crescere insieme e stringerci come collettività

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INSIEME POSSIAMO TUTTO!

SE IL SISTEMA È LA MALATTIA, LA RIBELLIONE È LA CURA 💥

“Dietro le quinte

Nello specifico dell’agenda dell’incontro di Ancona, studiando i documenti ufficiali emergono tre temi fondamentali:

a) Il tema dei vaccini e dell’accesso ai farmaci. Nel G7 sono rappresentati i principali paesi che si oppongono all’eliminazione dei brevetti sui vaccini e sui farmaci. A livello globale la lotta per l’“apertura” dei brevetti sui vaccini e sui farmaci ha rappresentato per decenni una delle rivendicazioni esemplari dello squilibrio Nord/Sud nella globalizzazione neoliberale. Durante il G8 a Genova, nel 2001, l’allora portavoce del Genoa social forum Vittorio Agnoletto, fu una delle figure più mediatizzate e che tutti ricordano, ma al suo fianco c’erano numerosi attivisti e attiviste meno noti del cosiddetto Sud globale, che ponevano la questione della proprietà intellettuale sui brevetti come centrale nella nuova dinamica di sfruttamento capitalista che aveva sostituito il vecchio colonialismo di occupazione.

La pandemia Covid-19 ha esacerbato delle contraddizioni già profonde, portando anche in Occidente il conflitto legato alla vaccinazione. Oggi ricordiamo i dibattiti infuocati sulla validità e l’opportunità o meno delle vaccinazioni e sappiamo che sicuramente attorno alla pandemia sono prosperati gli imprenditori politici della paura e del controllo, ma forse scordiamo troppo facilmente quanto l’iniziale scarsità dei vaccini avesse prodotto fenomeni di accaparramento, corruzione, speculazione. Alcune persone arrivarono a pagare fino a 10.000 euro per vaccinarsi privatamente, altre fecero carte false per ottenere vaccini a cui non avevano (ancora) diritto.

Nelle nostre società abituate a un livello elevato di prestazioni e di consumi in ambito sanitario, abbiamo poca consapevolezza delle tensioni e delle sofferenze provocate dalla mancanza di farmaci, vaccini e cure mediche in situazioni di bisogno e di urgenza. Qual è la proposta a cui lavora il G7? Costruire fabbriche di vaccini private, mantenendo i profitti legati ai brevetti, nei paesi poveri per soddisfare la loro richiesta di vaccini e farmaci facendo ripagare i prestiti finanziari, secondo un’ottica pienamente liberista, alle stesse società che vengono già sfruttate dall’economia neocoloniale.

b)  PPR: Prevention, preparedness, response. A giugno 2024 a Ginevra è stato discusso e approvato un documento avanzato verso la stipulazione di nuove regole globali per la risposta alle pandemie, sotto forma di emendamenti al trattato dell’OMS International Health Regulations del 2005. Le principali innovazioni sono una definizione univoca di emergenza pandemica e dei sistemi di allarme e di risposta condivisi, la creazione di Autorità nazionali preposte alle regolazioni sanitarie e un meccanismo finanziario coordinato per attivare trasferimenti di fondi di emergenza per fare fronte alle difficoltà economiche dei paesi più poveri o in maggiore difficoltà finanziaria. Tutti questi approcci globali e umanitari si scontrano però con le contraddizioni di fondo che vedono i governi del G7 come parte in causa, in quanto difendono gli interessi di alcune delle maggiori case farmaceutiche globali e utilizzano coscientemente il potere medico e sanitario come strumento di pressione geopolitica. Per questo motivo la vecchia ma sempre attuale rivendicazione dell’eliminazione del brevetto dai farmaci salvavita e dai vaccini è fondamentale per ristabilire delle condizioni basilari di equità e di sicurezza sanitaria.

c) Stupefacenti e repressione. L’approccio del G7 nel campo degli stupefacenti è costantemente improntato alla repressione e alla criminalizzazione, nonostante nel mondo stiano costantemente crescendo le evidenze scientifiche della validità della legalizzazione e della depenalizzazione. Nelle Marche abbiamo avuto un tragico assaggio del connubio patologico tra proibizionismo e repressione psichiatrica nel caso del giovane Matteo Concetti, morto suicida nel carcere di Montacuto a gennaio 2024. Del suo caso abbiamo parlato nel numero 32 (marzo 2024) e abbiamo sostenuto la richiesta, ancora attuale, di dimissioni per incompetenza del Garante dei detenuti, Giancarlo Giulianelli. Nelle Marche poi non dobbiamo dimenticare l’ingombrante presenza di uno dei capi politici di Fratelli d’Italia, lo psichiatra Carlo Ciccioli, oggi eurodeputato, che già nel 2012 provò a minare dalle fondamenta la legge Basaglia, senza riuscirci, ma che oggi continua a promuovere una cultura tradizionalista, paternalista e autoritaria applicata alla salute mentale.

Nel carcere e nelle strutture di contenzione psichiatrica il legame problematico e mortifero tra repressione e droghe accelera e si intensifica, ma presenta la stessa grammatica sghemba che troviamo nelle strade. Il consumatore di sostanze viene sfruttato dalla criminalità e diventa bersaglio della polizia che cerca di aumentare la propria produttività penale con una fonte praticamente inesauribile di illegalità. Negli ultimi tempi il movimento antiproibizionista in Italia ha subito numerosi contraccolpi e negli anni è molto arretrato, spesso delegando ad attivisti in cerca di visibilità improbabili campagne mediatiche. Sul terreno oggi sono rimasti operatori e operatrici sanitari di base che difendono i diritti delle persone tossicodipendenti nella pratica quotidiana, con enormi limiti e problemi.”

L’ultimo punto ci tocca in larga parte. Comprendere come il Sistema sanitario operi sinergicamente a quello carcerario è di cruciale importanza in ottica di autodifesa e per mantenere un approccio emancipativo anziché lasciare che siano gli istituti preventiti e punitivi ad occuparsene e definire il nostro stato di bisogno psicologico. Il rischio è quello che si vengano a determinae standard sempre più disciplinari, socialemente accettati così come i metodi sedativi e dissociativi sia volontari che coatti non solo sono ampiamente abusati in carcere, ma ne costituiscono la norma non pubblicamente scritta. L’aspetto più drammatico è che spesso non si tiene conto della storia individuale: per la grande maggioranza della popolazione carceraria la reclusione è assegnata per reati minori, ma il contesto di difficoltà materiale e di traumi in precedenti esperienze non solo non vengono considerate, bensì comportano un ulteriore perseguibilità in quanto soggetto emotivamente instabile o socialmente pericoloso. La costruzione della fedina attraverso simili diagnosi è quanto di più lontano dalle lotte che sono state fatte per la stessa chiusura dei manicomi e degli OPG. Se si aggiunge poi che da anni un terzo dex detenutx con problemi di dipendenze non ha la cittadinanza italiana si può cogliere che il discrimine razziale e insieme di classe non serve che alla propaganda securitaria ed alle grandi mafie stesse tanto quanto in genere si sta incentivando sempre più la collaborazione con le lobbies farmaceutiche nelle politche di controllo sociale.

Per approfondire questo delicato passaggio che lega stupefanti e farmaci si può suggerire il podcast appena trasmesso a riguardo per Ricongiunzioni, rubrica di Radio BlackOut e che si occupa di espropriazione e riappropriazione intorno a tendenze e pieghe assunte dalla medicalizzazione (nonché alle piaghe in termini di salute ossia agli effetti collaterali dell’organizzazione in una dimensione capitalistica della cura nonostante i progressi millantati, i quali sono stati in realtà più che decretati a tavolino dovuti semmai da lotte tanto precedenti e propedeutiche quanto internamente conflittuali al welfare). In particolare, rigettiamo le maniere spersonalizzanti che privano le soggettività di avere una autonomia decisionale rispetto a molti protocolli sanitari.