Proponiamo qui due testi tratti dall’ensemble di testi contro il proibizionismo contenuti nella parte iniziale in “Upperground”, edito nel 2005 per Manifesto Libri dal MDMA (Movimento di Massa Antiproibizionista) e in free-download qui, per riprendere alcuni concetti sull’antiproibizionismo in un momento storico in cui le soggettività cosiddette “marginalizzate” soffrono, a livello globale, di una ulteriore stretta repressiva a livello di libertà di movimento e stigmatizzazione degli stili di vita. Pensiamo altresì che al fine di una mobilitazione efficace contro limitazione delle libertà personali e collettive e attacco ai diritti una prospettiva antiproibizionista consapevole sia non solo importante, bensì tra quelle stringenti e imperiture, e indissolubilmente legate alla riproducibilità di forme di relazione e di socializzazione divergenti dallo stato di cose presenti.
In fondo al testo altri testi autoprodotti e consigliati.
scarica il pdf qui >> Upperground
LETTRE Á MONSIEUR LE LÉGISLATEUR DE LA LOI SUR LES STUPÉFIANTS
Monsieur le législateur,
Monsieur le législateur de la loi de 1916, agrémentée du
décret de juillet 1917 sur les stupéfiants, tu es un con
Ta loi ne sert qu’à embêter la pharmacie mondia sans
profit pour l’étiage toxicomanique de la nation parce que
1° Le nombre des toxicomanes qui s’approvisionnchez le
pharmacien est infime;
2° Les vrais toxicomanes ne s’approvisionnet pas chez le
pharmacien;
3° Les toxicomanes qui s’approvisionnet chez le pharmacien
sont tous des maladies;
4° Le nombre des toxicomanes malades est infim par
rapport à celui des toxicomanes voluptueux;
5° Les restrictions pharmaceutiques de la dgogue ne
gêneront jamais les toxicomanes voluptueux et organisés;
6° Il y aura toujours des fraudeurs;
7° Il y aura toujours des toxicomanes par vice de forme,
par passion;
8° Les toxicomanes malades ont sur la société un driot
imprescriptible, qui est celui qu’on leur foute la paix.
C’est avant tout une question de conscience.
La loi sur les stupéfiants met entre les mains de l’inpecteur-
usurpateur de la santé publique le droit de disposer
de la doleur des hommes; c’est une prétention singulière
de la médecine moderne que de vouloir dicter ses devoirs
à la conscience de chacun.
Tous les bèlements de la charte officielle sont sans pouvior
d’action contre ce fait de conscience: à savoir, que,
plus encore que de la mort, je suis le maitre de ma douleur.
Tout homme est juge, et juge exelusif, de la quantité
de douleur physique, ou encore de vacuité mentale qu’il
peut honnêtement supporter.
Lucidité ou non lucidité, il y a une lucidité que nulle
maladie ne m’enlévera jamais, c’est celle qui me dicte le
sentiment de ma vie physique. Et si j’ai perdu ma lucidité,
la médecine n’a qu’une chose à faire, c’est de me donner
les substances qui me permettent de recouvrer l’usage de
cette lucidité.
Messieurs les dictateurs de l’école pharmaceutique de
France, vous êtes des cuistres regnés: il y a une chose que
vous devriez mieux mesurer; c’est que l’opium est cette
imprescriptible et impérieuse substance qui permet de
rentrer dans la vie de leur âme à ceux qui ont eu le
malheur de l’avoir perdue.
Il y un mal contre lequel l’opium est souverain et ce mal
s’appelle l’Angoisse,dans sa forme mentale, médicale, physiologique,
logique ou pharmaceutique, comme vous voudrez.
L’Angoisse qui fait les fous.
L’Angoisse qui fait les suicidés.
L’Angoisse qui fait les damnés.
L’Angoisse que la médecine ne connaît pas.
L’Angoisse que votre docteur n’entend pas.
L’Angoisse qui lése la vie.
L’Angoisse qui pince la corde ombilicale de la vie.
Par votre loi inique vous mettez entre les les mains de
gens en qui je n’ai aucune espéce de confiance, cons en
médecine, pharmaciens en fumier, juges en mal-façon, docteurs,
sages-femmes, inspecteurs-doctoraux le droit de
disposer de mon angoisse, d’une angoisse en moi aussi
fine que les aiguilles de toutes les boussoles de l’enfer.
Tremblements du corps ou de l’âme, il n’existe pas de
sismongraphe humain qui permette à qui me regarde d’arriver
à une evaluation de ma douleur plus précise, que
celle, foudroyante, de mon esprit!
Toute la science hasardeuse des hommes n’est pas supérieure
à la connaissance immediate que je puis avior de
mon être. je suis seul juge de ce qui est en moi.
Rentrez dans vos greniers, médicales punaises, et toi
aussi, Monsieur le Législateur Moutonnier, ce n’est pas par
amour des hommes que tu délires, c’est par tradition
d’imbécillité. Ton ignorance de ce que c’est qu’un homme
n’a d’egale que ta sottise à le limiter.
Je te souhaite que ta loi retombe sur ton père, ta mére,
ta femme, tes enfants, et toute ta postérité. Et maintenant
avale ta loi.
Parigi 1917
Antonin Artaud (1896-1948)
—
Sebbene abbia quasi un secolo, questa lettera è purtroppo
drammaticamente attuale e la dedichiamo a tutti
i legislatori e le legislatrici che hanno finora legiferato in
materia, in preda a furori ideologici o per mero mercimonio,
senza alcuna competenza.
Ma soprattutto agli autori del delirante D.D.L.
Fini/Mantovano.
Upperground, M.D.M.A e la redazione di manifestolibri
—
LETTERA AL SIGNOR LEGISLATORE SULLA LEGGE
SUGLI STUPEFACENTI
<< Signor legislatore, signor legislatore della legge
del 1916, abbellita dal decreto del luglio 1917
sugli stupefacenti, sei uno stronzo. La tua legge
non serve ad altro che ad infastidire la farmacia
mondiale senza apportare profitto alcuno all’abbassamento
del livello minimo del numero dei
tossicomani della nazione perché:
1° il numero dei tossicomani che si riforniscono
presso il farmacista è trascurabile;
2° i veri tossicomani non si riforniscono presso
il farmacista
3° i tossicomani che si riforniscono presso il farmacista
sono tutti malati
4° il numero dei tossicomani malati è trascurabile
in relazione a quello dei tossicomani voluttuosi
5° le restrizioni farmaceutiche sulla droga non
disturberanno mai i tossicomani voluttuosi ed
organizzati
6° ci saranno sempre frodatori
7° ci saranno sempre tossicomani per difetto di
forma, per passione
8° i tossicomani malati hanno sulla società un
diritto imprescindibile: che la società non rompa
loro i coglioni.
È innanzitutto una questione di coscienza.
La legge sugli stupefacenti mette in mano all’ispettore-
usurpatore della salute pubblica il diritto
di disporre del dolore degli uomini; è una singolare
pretesa della medicina moderna il voler
dettare alla coscienza di ciascuno i propri doveri.
Tutti i belati della carta ufficiale sono impotenti
di fronte a questo fatto di coscienza: più ancora
della morte io sono padrone del mio dolore.
Ciascun uomo è giudice, e giudice esclusivo,
della quantità del dolore fisico o anche della
vacuità mentale che può sopportare con onestà.
Lucidità o non lucidità, c’è una lucidità che nessuna
malattia mi porterà mai via, ed è quella dettatami
dal sentimento della mia vita fisica; e se
ho perso la mia lucidità, la medicina ha solo una
cosa da fare, darmi le sostanze che mi permettano
di recuperare l’impiego di questa lucidità.
Signori dittatori della scuola farmaceutica di
Francia, siete dei servi pedanti e mutili.
C’è una cosa che dovreste ponderare meglio:
l’oppio è quella sostanza imprescrittibile ed
imperiosa che permette di rientrare nella vita
della propria anima a coloro che hanno avuto il
dolore di perderla.
C’è un malessere contro il quale l’oppio è
sovrano e questo malessere si chiama angoscia,
nella sua forma mentale, medica, fisiologica, logica
o farmaceutica, come preferite.
L’angoscia che crea i folli, l’angoscia che crea il
suicida. L’angoscia che crea i dannati. L’angoscia
che la medicina non conosce. L’angoscia che il
vostro medico non sente. L’angoscia che lede la
vita.
L’angoscia che opprime il cordone ombelicale
della vita.
Per mezzo della vostra legge iniqua mettete in
mano a gente in cui non ho fiducia alcuna, stronzi
in medicina, farmacisti in letame, giudici in
approssimazione, dottori, ostetriche, ispettori
dottorali, il diritto di disporre della mia angoscia,
di una angoscia in me sottile quanto tutti gli aghi
di tutte le bussole dell’inferno. Tremiti del corpo
o dell’anima, non esiste un sismografo umano
che permetta a colui che mi osserva di arrivare a
una valutazione del mio dolore più precisa di
quella, folgorante, del mio spirito.
Tutta l’aleatoria scienza degli uomini non è
superiore alla conoscenza immediata che io
posso esperire del mio essere: sono l’unico giudice
di ciò che è in me.
Rientrate nelle vostre soffitte, spregevolezze
mediche, e anche tu, signor legislatore
Moutonnier, non è certo per amore degli uomini
che deliri, è per tradizione d’imbecillità.
La tua ignoranza di ciò che un uomo è, è uguagliata
solo dalla tua idiozia nel volerli limitare. Ti
auguro che la tua legge ricada su tuo padre, su
tua madre, su tua moglie, sui tuoi figli e su tutta
la tua posterità.
Ed ora inghiotti la tua legge.>>
Parigi 1917
Antonin Artaud (1896-1948)
—-
M.D.M.A. (Movimento Di Massa Antiproibizionista):
DALL’ “UNDERGROUND ” ALL’“UPPERGROUND”
Underground, la traduzione letterale è sottoterra, sta a indicare
quel mondo un pò sommerso, forse più un modo di vivere,
che dalla Beat Generation, dalla sua letteratura, dalla sua
musica, dai suoi eccessi, dai suoi stili di vita ha tratto ispirazione.
Stili di vita tesi verso la più totale liberazione dei costumi
dalla morale imperante. Le sperimentazioni introspettive,
lisergiche e più in generale le esperienze di modifica e
espansione degli stati di coscienza per le nuove vie di socialità,
comunicazione e conoscenza, da Timothy Leary ad Allen
Ginsberg, da Kerouac a Gregory Corso passando per
Burroughs e tanti altri; ci hanno parlato, scritto e descritto la
loro vita, le loro emozioni, sogni e pulsioni attraverso il filtro
delle sostanze.
Tornando indietro nel tempo, potremmo virtualmente
sovrapporre l’Underground, o se preferite il sommerso della
Beat Generation, alla Bohème francese e il risultato non cambierebbe.
A proposito dell’assenzio o artemisia, sono note le frequentazioni
dei club di bevitori da parte degli artisti della Bohème
e a quel tempo coca e oppio erano in libera vendita in farmacia.
Da Baudelaire con i suoi “Paradisi Artificiali” a Van Gogh,
da E. Allan Poe e i poeti maledetti a W. Benjamin e le sue
entusiastiche, poetiche descrizioni sugli effetti dell’hashish e
della marijuana, dall’impressionismo all’uso dell’oppio dei
primi del ‘900 di Picasso fino a risalire alle opere deliranti di
Bosch del ‘400, con funghi rappresentati ovunque (e non certo
porcini), e ancora indietro
fino al “kikeon” dei
Baccanali Ellenici o all’Arte
Precolombiana, piena di
funghi psilocibinosi raffigurati
con sembianze umane,
oltre alle rappresentazioni
del Dio Metzcal, Metzcal
come mescalina.
Appare evidente che nel
corso dei secoli, gran parte
della cultura e dell’arte è
stata prodotta in stati di modifica della coscienza o comunque
da individui che oltre a essere ciò per cui sono riconosciuti
erano anche psiconauti.
Fin qui nulla di nuovo o di strano, non c’è contraddizione tra
il fatto che sensibilità particolarmente curiose che amano
indagare se stesse in ogni stato, siano predisposte a imbattersi
e a decodificare chiavi di lettura, visioni e letture soggettive
e singolari del vivere umano, e così come i pensieri,
le emozioni e le sensazioni sono reazioni chimiche organiche
autogene e/o indotte, l’opera d’arte è pensiero solido, un
concentrato della personalità dell’autore indivisibile dal suo
vissuto.
La contraddizione sta nel fatto che se da una parte l’umanità
divinizza, brama, desidera e in qualche modo si nutre del “prodotto
arte”, nel contempo la società criminalizza e reprime
quei costumi e quegli usi che di quel mondo sono l’humus.
La “merce arte” è ok, colui che l’ha prodotta è un soggetto
patologico, infrequentabile, dedito a stupefacenti, da reprimere
e “curare” anche contro la sua volontà. Una discrasia
evidente tra il non rispetto
della persona, il suo percorso,
la sua vita e il desiderio
di possedere ciò che produce
che De André così ci ha
descritto: “vecchio professore
cosa vai cercando in quel
portone, forse quella che
solo ti può dare una lezione,
quella che di giorno chiami
con disprezzo pubblica moglie, quella che di notte stabilisce
il prezzo alle tue voglie.”
Dal sottoterra al sopraterra, il proibizionismo – criminalizzando un costume sociale di massa che attiene alla sfera delle libertà personali – spinge milioni di persone nell’emarginazione, esponendoli a pericoli e persecuzioni enormi. “Le droghe non sono vietate perché pericolose, ma pericolose perché vietate“.
L’operazione “Upperground” propone attraverso l’utilizzo di
codici artistici e poetici di ridare diritto di cittadinanza a
quella fetta di umanità, con l’intento di abbattere, il prima
possibile, il cadavere dell’ipocrisia proibizionista che già
troppi lutti, tragedie e caccia alle streghe ha fin qui prodotto.
(2005)
Consultazioni utili:
(2024) NO G7 Salute! (Ancona) Le tematiche che verranno messe sul tavolo.. e qualche spunto critico
(2023) Italian Crackdown on Prohibitionism
(2014) The Italian Supreme Court abolishes the 2006 Antidrug Legislation
(2009) Libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi (Associazione Antigone)