“Vogliamo il riconoscimento della cultura dei free party”. Incontro con gli organizzatori della Tekno Parade Revendicative

Abbiamo tradotto questo articolo da DureVie in cui, nello spiegare le motivazioni della manifestive che ha preso luogo lungo le strade del centro di Parigi con 10 carri, uno per regione, si rende più esplicita la congiuntura che attraversa il movimento free party in Francia e le sue richieste e rivendicazioni per far fronte alla repressione.

– Questo sabato 18 ottobre, una Tekno Parade con sistemi sonori provenienti da tutta la Francia marcerà a Parigi per difendere la cultura del free party. Incontro con i loro organizzatori a poche ore di una “giornata storica di mobilitazione impegnata e festante”.

Nato alla fine degli anni 1980, il free party fa parte di un contesto sociale e politico segnato dalla repressione dei raduni notturni nel Regno Unito. Sotto il governo di Margaret Thatcher, i club sono soggetti a rigide restrizioni, tra cui il divieto di apertura dopo le due del mattino. In risposta, alcuni dei giovani britannici hanno scelto di aggirare queste regole invadendo i magazzini dismessi, brownfield o lotti vacanti per organizzare feste gratuite: i primi warehouse.

Rapidamente, questi incontri clandestini divennero un movimento culturale a sé stante, mescolando musica elettronica, spirito comunitario e richiesta di autonomia. All’inizio degli anni 1990, il fenomeno attraversò il Canale della Manica con i primi sound system itineranti, come la Spiral Tribe, che diffuse la “free culture” in tutta Europa. In Francia, il free party trova terreno fertile, ancorandosi nelle zone di campagna e interurbane, prima di diffondersi a livello internazionale.

Oggi, a oltre 35 anni dalla sua nascita, il free party rimane simbolo di libertà e indipendenza artistica, anche se continua a suscitare dibattiti e alte tensioni intorno al suo posto nello spazio pubblico. Quali sono le principali richieste della Tekno Parade?

In primo luogo, la cessazione di multe ripetute contro gli organizzatori di Free party, e pure nei confronti dei suoi partecipanti. Dalla fine del lockdown, la repressione finanziaria è stata la nuova arma dello Stato nei confronti del pubblico. Oggi quando andiamo in una teuf, possiamo trovarci a dover accumulare diverse multe per una sola serata, con motivi più stravaganti di contravvenzione l’uno dell’altro. Tuttavia, è importante ricordare che il free party si basa su un sistema di gratuità o donazione, permettendo a un pubblico precario di poter accedere a spazi di festa e socievolezza.

‍Anche se il pubblico del free party non è composto solo da persone precarie (poiché troviamo persone di ogni provenienza sociale, provenienti da tutte le professioni), crediamo che sia necessario preservare spazi di gratuità in un mondo di consumo eccessivo dove il capitalismo interferisce pericolosamente in tutti i settori della vita.

In secondo luogo, la cessazione totale della violenza della polizia. Il movimento dei free ha sempre subito una violenta repressione della polizia, che è aumentata in particolare negli ultimi anni. Ogni fine settimana in tutta la Francia, vediamo dispositivi di polizia completamente sproporzionati, finanziati con denaro pubblico, volti a intimidire, ferire e traumatizzare i partecipanti.

‍Il governo sembra trovare qualche compiacenza in questa brutale politica, che potrebbe essere evitata quando sappiamo che il dialogo è sempre possibile. Quasi ognivolta, i mediatori prendono l’iniziativa di parlare ai gendarmi per presentare l’evento e proporre un’ora di fine. Il movimento tekno non ha mai sostenuto la violenza.

Oggi, e questo prima di ogni festa, ci prepariamo psicologicamente a subire atti di violenza da parte della polizia, per il semplice fatto di voler ballare. “Li circondiamo e li pestiamo”, questa è la direttiva, giusto?

In terzo luogo, chiediamo la fine delle sentenze prefettizie abusive. Nel 2025, sia la prefettura di Hérault che quella di Bas-Rhin hanno istituito un decreto per un periodo di un anno.

Mentre la legge Mariani impone una dichiarazione per qualsiasi raduno di oltre 500 persone, ricordiamo che il 70% dei free sono piccoli eventi al di sotto di questa soglia. Nella maggior parte dei casi, gli interventi violenti della polizia e i sequestri di attrezzature (sound, luci, vinili, veicoli a volte allestiti ad abitativi…) vanno quindi aldilà della loro  “legalità” stessa.

Infine, nonostante la repressione che stiamo attraversando, desideriamo riprendere un confronto con il governo per trovare soluzioni adatte a tutti. Sia con gli agricoltori locali o con i funzionari eletti, vorremmo poter interloquire in pace e rispetto. Speriamo nella ripresa delle COPIL interministeriali, e che il ministero dell’Interno possa ascoltare.

La repressione non è mai riuscita a soffocare il movimento, semmai è avvenuto il contrario: oggi siamo molto più uniti e organizzati come comunità a livello regionale, nazionale, e internazionale.

– Preparando questa storica giornata di mobilitazione che è rivendicativa e festiva, quali sono le vostre principali richieste da parte delle autorità pubbliche?

Vogliamo che il governo inizi applicando le proprie leggi: l’emendamento Mariani riguarda gli assembramenti di oltre 500 persone, eppure la maggioranza delle teuf non raggiunge questa soglia e viene repressa violentemente.

C’è il 75% delle attrezzature sequestrate che viene restituito solo dopo diversi mesi, o addirittura anni. Prova concreta che la maggior parte dei sequestri sono “illegali”. A volte accade che il materiale venga misteriosamente distrutto dalle autorità, senza che vengano firmati verbali (come nel capodanno 2023 a Vitry-sur-Seine).

A volte le nostre attrezzature sequestrate le ritroviamo in uno stato disastroso. Ma la polizia ha “la ragione” dalla propria, quindi non possiamo far molto su questo. Ricordiamo che l’investimento per le nostre attrezzature viene fatto in diversi anni di risparmio per la maggior parte di noi. La musica non è il nostro sostentamento, è la nostra passione.

– Quale messaggio volete trasmettere al grande pubblico sulla cultura del free party e dei sound system?

Vogliamo il riconoscimento della cultura dei free. Sebbene frainteso dal grande pubblico, soprattutto a causa della disinformazione propagata dai media per molti anni, il free party difende un modello di autogestione e creatività popolare che attraversa il tempo e i confini.

Valori come la benevolenza, la condivisione, il femminismo, l’antirazzismo, l’antifascismo, sono profondamente radicati in questi spazi festivi accessibili a tutti. Il nostro movimento difende un’altra visione dello svago: libero, inclusivo e popolare. Lontano dalle logiche commerciali e istituzionali, questi incontri sono spazi di sperimentazione artistica e sociale, dove tutti possono partecipare, imparare e creare senza condizioni.

Piuttosto che assecondare questa ricchezza culturale, lo Stato sceglie di criminalizzarla, preferendo la forza al dialogo.

– In che modo i sound system e i collettivi si organizzano per questa giornata?

Attraverso questo evento, desideriamo mostrare la nostra ricchezza e forza: in poche settimane, decine di sound provenienti da tutta la Francia si sono organizzati per creare decorazioni, disporle sui sostegni, pensare alle configurazioni sonore, creare set da mixare, preparare performance… ecc. senza nemmeno conoscersi, ma per un obiettivo comune: quello di rendere le richieste di una scena alternativa forti e chiare.

Vogliamo anche mostrare il nostro potenziale di unificazione a livello nazionale. Se siamo stati in grado di organizzarci in questo modo, la repressione applicata ai free party non potrà che unirci di più.

– Le restrizioni intorno ai free party sono spesso giustificate da una richiesta di sicurezza, quale risposta fornisce a questo argomento?

“La sicurezza”, al di là della propria definizione, è diventata anche un argomento di marketing per molte politiche. Nel caso del free party, la sicurezza dei cittadini è nella maggioranza dei casi minati dagli interventi di polizia, e non dal party stesso.

Ad esempio, ostacolando i percorsi per accedere ai luoghi della festa, le FDO spingono i partecipanti a intraprendere sentieri pericolosi. Una giovane donna è morta così quest’estate nel TekSud. Durante questo stesso evento, la prefettura ha impedito alle associazioni RDR di portare acqua sul sito perché “incoraggerebbe i partecipanti a rimanere più a lungo”.  (leggi il comunicato-appello a testimonianze TekSud)

Spesso, costringendo i partecipanti a parcheggiare lontano dal sito, si trovano ad aver  bisogno di acqua e cibo, o vestiti caldi, perché tutto è rimasto nella loro auto a diversi chilometri di distanza. A Redon, mentre un partecipante ha perso la mano a causa di una granata lanciata dalle FDO, queste ultime hanno bloccato l’accesso ai soccorsi.

Tanti altri esempi potrebbero purtroppo essere citati…

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