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(Just one moment)

Report dal Planète Zero: festa, resistenza, solidarietà contro la repressione (IT/FR)

Come Smash Repression, abbiamo partecipato la scorsa settimana alla Planéte Zéro, alla quale siamo statx invitat a tenere uno stand per sensibilizzare il pubblico d’oltralpe e lx italian presentx sul nostro percorso e sulla situazione attuale in Italia.
Scriviamo quindi questo report per restituire, da un punto di vista interno, qualche considerazione su una festa che, per la sua complessità e la repressione che ne è seguita, merita una riflessione. La Planéte Zéro si è tenuta nei dintorni di Parnay, nella regione della Loira, nonostante l’ordinanza emanata dal prefetto di Maine-et-Loire (com’è stato fatto da diverse altre prefetture), che decretava l’interdizione di organizzare raduni festivi nella regione. A dispetto di quanto riferito da alcuni giornali , sui danni provocati al terreno e alla proprietà, il posto dove si è tenuto il free party era un campo utilizzato precedentemente per la produzione di fieno e successivamente destinato all’installazione di un grosso impianto fotovoltaico.

La festa è durata circa 4 giorni, radunando un pubblico di più di 10mila persone da tutta la Francia e non solo. Questo ha richiesto ai 3 collettivi organizzatori (Insoumis, ORBEAT e Systéme Zéro) una certa capacità di autogestione e messa in sicurezza dello spazio, a cui hanno dato supporto un gran numero di volontari e altri collettivi francesi, tra cui Techno+, Ekinox e Corps et aime, che hanno portato un intervento di Riduzione dei Rischi e la zona Chill-out, garantendo per materiale informativo, pratiche di rdr, drugchecking e infermeria h24. Durante tutta la durata della festa è stato anche messo in atto un dispositivo di rdr legato a rischi di violenze, con x volontarx dell’organizzazione che hanno provato a rendere safer lo spot e le zone meno attraversate, mentre dai soundsystem venivano trasmessi messaggi di sensibilizzazione alla prevenzione e al rischio di violenze per il pubblico una volta al giorno. Questo è stato particolarmente utile il sabato, quando un maggior afflusso di persone ha reso necessario intensificare il controllo del sito.
La sicurezza e la preservazione dello spazio invece è stata assicurata con la gestione del parcheggio e la pulizia da parte dellx volontarx, a cui abbiamo contribuito tuttx durante i momenti in cui i sound erano spenti.

Abbiamo allestito lo stand di Smash Repression accanto alle associazioni di rdr, distribuendo materiale informativo e parlando con chi si fermava. Già dal primo giorno abbiamo notato un grande interesse da parte del pubblico, curioso di sapere quanto stesse accadendo attualmente alla scena free party italiana. Per noi, questa è stata non solo l’occasione per fare rete e tracciare connessioni con lx raver d’Europa, ma anche per vedere da vicino come anche oltralpe il mondo dei free party possa far fronte a una situazione repressiva sempre più pressante. Com’era stato ribadito alla scorsa Manifestive e durante il Tekwest (che aveva come principale rivendicazione la fine dei sequestri e della repressione verso la comunità tekno), anche in Francia i dispositivi utilizzati contro le tribe e lx raver continuano a danneggiare economicamente e legalmente il mondo delle feste libere, con sequestri ai sound e multe ai partecipanti – al Tekwest, per esempio, sono stati calcolati circa 1,7 milioni di ammenda ai partecipanti. Planéte Zéro, in questo grottesco clima di generale accanimento contro chi organizza e promuove rave slegati dal circuito e dalle logiche dei club istituzionali, ha sicuramente dimostrato come l’autogestione e l’organizzazione dal basso sia l’unico modo per costruire forme di socialità diverse e inclusive, all’interno di spazi più sani per tutta la comunità danzante, e come collettivamente si possa organizzare un free party con una cura tale nonostante la criminalizzazione del movimento.

Purtroppo però, sappiamo come anche i nostri spazi autogestiti non siano sempre immuni dagli incidenti, e che non tutto possa essere tenuto sotto controllo da chi organizza. Nonostante tutta la cura e gli sforzi delle tribe e del pubblico per assicurare la salvaguardia della festa, la domenica mattina abbiamo saputo di un decesso, che ha segnato la fine della festa, poco prima di quanto previsto dalla line up.
A questo ha fatto seguito un becero intervento repressivo che ha visto un dispiegamento di forze e una violenza che a qualcunx dei partecipanti ha ricordato il teknival di Redon. A sound spento, mentre la festa veniva smontata e il pubblico recuperava le forze per tornare a casa, abbiamo saputo che i CRS si avvicinavano al sound, con l’obiettivo di circondarlo e sequestrarlo, e tentando di arrestare gli organizzatori. Eppure dopo tutte quelle giornate passate a prendersi cura collettivamente della festa, i due muri di casse sotto attacco delle forze dell’ordine erano diventati un bene collettivo, qualcosa da proteggere da parte di tuttx x rimastx. Nonostante la violenza dei CRS, che noncuranti della sicurezza collettiva e dello stato di stanchezza dex ravers non hanno mostrato nessun contegno nell’utilizzo della violenza, con flashball sparati ad altezza uomo, taser e spray al peperoncino contro chi si avvicinava e lacrimogeni per disperdere il pubblico, centinaia di ravers sono riusciti, insieme, a portare in salvo il sound system e tutto il materiale dello stage, addentrandosi nella coltre dei lacrimogeni. Difficile, di fronte all’ennesimo tentativo di isolare e perseguire le tribe sequestrando materiale, immaginare una risposta più efficace del prendersi cura collettivamente del sound system, senza lasciare le crew da sole.

Quasi a voler ribadire che la festa, il decidere di ballare tuttx insieme sfidando la legge e le istituzioni, non è un servizio offerto dalle crew al pubblico ma un atto politico, un modo di cospirare insieme, di gioire lx unx accanto a lx altrx in un’illegalità tanto giusta quanto necessaria, e che di fronte alla repressione questo desiderio vada difeso tanto dalle tribe quanto dax ravers. Del resto, nonostante la rabbia, la stanchezza e lo choc per quanto successo, ce ne siamo andatx come abbiamo sempre fatto, pulendo il posto e uscendo tuttx insieme, con la cura che abbiamo sempre avuto verso il posto che ci ospita e verso le persone che abbiamo al nostro fianco.

Tuttavia, questo non ha impedito nè il sequestro di una parte del sound system (40 metri cubi di materiale), nè che due ragazzi, di cui uno attualmente in stato di detenzione cautelare in attesa del processo, venissero arrestati, per di più con l’accusa di violenza nei confronti delle forze dell’ordine. Eppure, sappiamo che non è così, che come mostrano anche diversi video l’unica violenza, come sempre, è stata quella poliziesca. E infatti, il ragazzo è stato portato al pronto soccorso in seguito alla cattura. Com’era successo per il Tekwest, anche in questo caso l’arma utilizzata nei confronti del pubblico è stata quella dell’ammenda, con un totale di 650mila euro da pagare, segnando la più grande azione anti-rave della storia del movimento.

Come realtà nata per far fronte alla repressione nel mondo della tekno e non solo, conosciamo bene questi strumenti, e sappiamo che non saranno i primi né gli ultimi a colpirci. Eppure, siamo coscienti del fatto che risposte come quella di domenica, unite all’ostinazione, caparbia quanto necessaria, di creare altre zone autonome, festive e collettive, e di riflettere su come renderle accessibilx a tuttx le soggettività, sia l’unica strada che ci rimane per continuare a immaginare e dar forma a una socialità diversa e far fronte al deserto che la repressione sta creando intorno a noi. Esprimiamo quindi tutta la nostra solidarietà alle crew, e confidiamo che la risposta a questa ennesima provocazione sia, come lo è stato sino ad ora, radicale e risoluta.

 

 

FRANCESE

En tant que Smash Repression, nous avons participé la semaine dernière à Planéte Zéro, où nous avons été invités à tenir un stand pour sensibiliser le public transalpin et les présent.es italiennes à notre parcours et à la situation actuelle en Italie.
Nous rédigeons donc ce rapport afin de restituer, d’un point de vue interne, quelques considérations sur une teuf , de sa complexité et la répression qui s’en est suivie, mérite réflexion. Planète Zéro s’est déroulée dans les environs de Parnay, dans la région de la Loire, malgré l’arrêté du préfet de la région Val-de-Loire (à l’instar de plusieurs autres préfectures), qui décrétait l’interdiction des rassemblements festifs dans la région. Malgré certains articles de presse faisant état de dommages causés aux terres et aux biens, le lieu où s’est déroulée la free party était un champ précédemment utilisé pour la production de foin et plus tard pour l’installation d’un grand système photovoltaïque.

La fête a duré environ quatre jours, rassemblant un public de plus de 10 000 personnes venues de toute la France et d’ailleurs. Les trois collectifs organisateurs (Insoumis, ORBEAT et Système Zéro) ont dû faire preuve d’une certaine capacité d’autogestion et de sécurisation de l’espace, avec le soutien d’un grand nombre de bénévoles et d’autres collectifs français, dont Techno+, Ekinox et Corps et aime,qui a apporté une intervention de réduction des risques et la zone Chill-out, prévoyant du matériel d’information, des pratiques de rdr, un drugchecking et une infirmerie ouverte 24 heures sur 24. Pendant toute la durée de la fête, un rdr sur les risques de violence a également été mis en place, avec x volontaires de l’organisation qui ont essayé de sécuriser le spot et les zones les moins fréquentées, tandis que depuis les sound systems, des messages de prévention et de sensibilisation aux risques de violence ont été diffusés au public une fois par jour. Cela s’est avéré particulièrement utile le samedi, lorsqu’un afflux plus important de personnes rendait nécessaire l’intensification du contrôle du site.
La sécurité et la préservation de l’espace ont été assurées par la gestion des parkings et le nettoyage par les bénévoles, auxquels nous avons tous contribué pendant les coupures où les sons étaient éteints.

Nous avons installé le stand “Smash Repression” à côté des associations de rdr, distribuant du matériel d’information et discutant avec ceux qui s’arrêtaient. Dès le premier jour, nous avons constaté un grand intérêt de la part du public, curieux de savoir ce qui se passait actuellement sur la scène free party italienne. Pour nous, il ne s’agissait pas seulement d’une occasion de nouer des contacts avec les teufeur d’Europe,mais aussi pour regarder de plus près comment le monde de la free party peut faire face à une situation répressive de plus en plus pressante au delà des Alpes. Comme cela a été rappelé lors du dernier Manifestive et pendant Tekwest (qui avait pour principale revendication la fin des saisies et de la répression envers la communauté tekno), même en France les dispositifs utilisés contre les tribe et les teufeurs continuent de nuire au monde des free parties économiquement et légalement, avec des saisies sur les sounds et des amendes aux participants – au Tekwest, par exemple, environ 1,7 millions d’amendes ont été calculées pour les participants. Planète Zéro, dans ce climat grotesque de fureur générale contre ceux qui organisent et promeuvent des teuf déconnectées du circuit et des logiques des clubs institutionnels, a certainement démontré comment l’autogestion et l’organisation par le bas est le seul moyen de construire des formes de socialité différentes et inclusives, au sein d’espaces plus sains pour l’ensemble de la communauté dansante, et comment collectivement on peut organiser une free party avec autant de soin malgré la criminalisation du mouvement.

Malheureusement, nous savons que même nos espaces autogérés ne sont pas toujours à l’abri des accidents et que les organisateurs ne peuvent pas tout contrôler.Malgré tous les soins et les efforts des collectifs et du public pour assurer le maintien de la fête, nous avons appris dimanche matin un décès, qui a marqué la fin de la fête, peu avant l’heure prévue par la Line up.

Il s’en est suivi une répression grossière qui a vu un déploiement de forces et de violences qui a rappelé à certains participants le teknival de Redon. Le son coupé, alors que la fête était démantelée et que le public reprenait des forces pour rentrer chez lui, nous avons appris que les CRS s’approchaient du son, dans le but de l’encercler, de s’en emparer et de tenter d’arrêter les organisateurs. Pourtant, après tous ces jours passés à s’occuper collectivement de la fête, les deux murs de caisses attaqués par les forces de l’ordre étaient devenus un bien commun, face à la énième tentative d’isoler et de poursuivre les crew en saisissant le matériel, d’imaginer une réponse plus efficace que la prise en charge collective de la sonorisation, sans pour autant laisser les crews tranquilles.

Comme pour redire que la fête, la décision de danser tous ensemble au mépris de la loi et des institutions, n’est pas un service offert par les sound system au public, mais un acte politique, une manière de conspirer ensemble, de se réjouir les un aux côtés des autres dans une illégalité tout aussi nécessaire, et que face à la répression ce désir doit être défendu par les tribe autant que par les teufeurs. D’ailleurs, malgré notre colère, notre lassitude et notre choc face à ce qui s’était passé, nous sommes repartis comme nous l’avons toujours fait, en nettoyant les lieux et en sortant ensemble, avec le soin que nous avons toujours eu pour le lieu qui nous accueille et pour les personnes que nous avons à nos côtés.

Mais cela n’a empêché ni la saisie d’une partie de la sonorisation (40 mètres cubes de matériel), ni l’arrestation de deux personnes, dont l’un est actuellement en détention préventive dans l’attente de son procès, qui plus est pour violence contre la police. Or, nous savons qu’il n’en est rien, que comme le montrent d’ailleurs plusieurs vidéos, la seule violence, comme toujours, a été la violence policière. Malgré la violence des CRS qui, sans tenir compte de la sécurité collective et de la fatigue des teufeurs, n’ont pas hésité à faire usage de la violence, avec des flashballs tirés à hauteur des yeux, des tasers et des sprays au poivre contre ceux qui s’approchaient, et des gaz lacrymogènes pour disperser le public, des centaines de teufeurs ont réussi, ensemble, à mettre la sono et tout le matériel de scène à l’abri, en marchant dans la couverture de gaz lacrymogène. Difficile, face à la énième tentative d’isoler et de poursuivre les tribus en saisissant le matériel, d’imaginer une réponse plus efficace que la prise en charge collective de la sonorisation, sans pour autant laisser les crews tranquilles.

Comme pour redire que la fête, la décision de danser tous ensemble au mépris de la loi et des institutions, n’est pas un service offert par les crews au public, mais un acte politique, une manière de conspirer ensemble, de se réjouir les un aux côtés des autres dans une illégalité tout aussi nécessaire, et que face à la répression ce désir doit être défendu par les tribus autant que par les raveurs. D’ailleurs, malgré notre colère, notre lassitude et notre choc face à ce qui s’était passé, nous sommes repartis comme nous l’avons toujours fait, en nettoyant les lieux et en sortant ensemble, avec le soin que nous avons toujours eu pour le lieu qui nous accueille et pour les personnes que nous avons à nos côtés.

Mais cela n’a empêché ni la saisie d’une partie de la sonorisation (40 mètres cubes de matériel), ni l’arrestation de deux garçons, dont l’un est actuellement en détention préventive dans l’attente de son procès, qui plus est pour violence contre la police. Or, nous savons qu’il n’en est rien, que comme le montrent d’ailleurs plusieurs vidéos, la seule violence, comme toujours, a été la violence policière. Et en effet, le garçon a été transporté aux urgences suite à sa capture. Comme dans le cas de Tekwest, l’arme utilisée contre le public a été l’amende, avec un total de 650 000 euros à payer, marquant la plus grande action anti-rave de l’histoire du mouvement.

En tant que réalité née pour affronter la répression dans le monde de la tekno et au-delà, nous connaissons ces instruments, et nous savons qu’ils ne seront ni les premiers ni les derniers à nous frapper. Et pourtant, nous sommes conscients que des réponses comme celle de dimanche, combinées à l’obstination têtue mais nécessaire de créer d’autres zones autonomes, festives et collectives, et de réfléchir à la manière de les rendre accessibles à toutes les subjectivités, est le seul moyen qui nous reste pour continuer à imaginer et à façonner une socialité différente et pour faire face au désert que la répression est en train de créer autour de nous.

Nous exprimons donc toute notre solidarité avec les équipages et espérons que la réponse à cette énième provocation sera, comme elle l’a été jusqu’à présent, radicale et résolue.

 

#SmashRepression