
Alcuni contributi, attestati e punti di vista differenti diffusi in questi giorni.
Qui il link alla raccolta fondi solidale per chi è espost@ alla repressione.
- Comunicato di solidarietà (Giovani Palestinesi Reggio-Modena)
- La TAZ mi guarisce (P.onti di Vista)
- L’unico muro che non divide (Agenzia X)
- A tre anni dal decreto Anti-Rave (Radio Onda Rossa)
- Il vero “mostro” non è la Festa: è l’abbandono (Casper, Ox Pirate Crew)
- Altro che Rave Party: speculazione e riciclaggio all’ Ex-Bugatti (Stella Nera Modena)
- E quindi, i rave non sono più un pericolo? (Damir Ivic, Soundwall)
- La musica non cambia il mondo. Ma ci ricorda che un altro mondo è possibile (SUM, Sound Underground Music)
- Solidarietà dal Global Movement to Gaza Italia (Sumud Flottilla)
- Contributo da collaboratore (anonimo) di Rolling Stone
- Il Witchtek e la repressione dei governanti (Spazio Sociale Leoncavallo)
- La festa che il potere non sa capire (Andrea Cegna, Milano in Movimento)
- Rave delle streghe. Contro la repressione, per la libertà di tutte (Gaza FreeStyle Festival)
- Proprietà privata.. ma di cosa? (Enrico Semprini, La Bottega del Barbieri)
- Free Party is Not a Crime (Suburbass) ….

…buona lettura!
COMUNICATO DI SOLIDARIETA’ SUI FATTI DEL WITCHTEK A CAMPOGALLIANO
(da: Giovani Palestinesi Reggio/Modena)
Dal 31 ottobre alle prime ore del 3 novembre circa 5mila persone si sono riunite in un capannone in disuso per il free party “Witchtek” a Campogalliano.
A poche ore dall’inizio dell’evento è iniziato un enorme e progressivo dispiegamento delle forze dell’ordine, che hanno circondato completamente lo stabilimento e chiuso tutti i varchi che avrebbero potuto permettere l’uscita dall’area.
A causa di questo vero e proprio sequestro di persona, le forze di polizia hanno proceduto a identificare chiunque lasciasse la zona.
In risposta, nella giornata del 2 novembre, alcuni dei presenti hanno provato a creare una via d’uscita sui lati, per non sottoporsi all’identificazione.
Questo ha immediatamente fatto scattare le cariche violente e il lancio di lacrimogeni da parte delle forze dell’ordine, che hanno usato violenza brutale contro i presenti, impedendo ai soccorsi di entrare per curare i feriti.
Condanniamo la violenza dello stato ed esprimiamo la nostra solidarietà ai presenti al Witchtek, agli identificati e coloro che sono stati feriti nel corso dell’assedio della polizia.
Siamo ben consapevoli che la violenza repressiva a cui abbiamo assistito a Campogalliano rientra nella nuova fase dello stato di guerra e polizia instaurato dal governo italiano e consolidato con l’approvazione del decreto “sicurezza”.
Non abbiamo nessun dubbio sul fatto che lo Stato, con le denunce, gli arresti, le identificazioni di massa e la repressione delle iniziative di lotta, stia tentando di spezzare la solidarietà con la causa e il movimento che porta avanti le lotte sociali in Italia.
La mano che reprime in italia è la stessa che bombarda a Gaza e che imprigiona dei resistenti palestinesi, come Anan Yaeesh.
Complici e solidali nella lotta, nessun passo indietro di fronte alla repressione.


da: P.onti di Vista
Ci sono così tante cose da dire sul Tribal Laboratory, da ogni punto di vista, ma è stato un processo di condensazione così potente e aggregante che ancora plano nella bolla.
Anche questa volta la Taz mi guarisce.
Ho voglia di sovvertire tutto.
Ho fame di sovversione.
Espandere l’autonomia e sovvertire con le sorelle e i fratelli.
Ogni giorno questo desiderio cresce e anima la mia vita, quella delle persone intorno a me, degli spazi che attraverso.
E cresce ancora di più ogni volta che la Macchina della Morte prova ad annientarci.
E di fronte a questa potenza, ogni legge rivela la sua assoluta inefficacia, la sua assoluta inutilità.
Una cosa è perfettamente illuminata: non lo abbatti l’unico muro che non divide.
“Dietro un muro bianco l’arcobaleno screziato. La bambola in gabbia sta creando l’autunno. È il destarsi delle offerte. Un giardino appena creato, un pianto dietro la musica. Che suoni sempre, e nessuno assisterà al movimento della nascita, alla mimica delle offerte, al discorso di quella che sono annodata a questa silenziosa che sono. E che di me non resti se non l’allegria di chi chiese di entrare e gli fu concesso. È la musica, è la morte, è ciò che volli dire in notti screziate come i colori del bosco.”
– Le promesse della musica, Alejandra Pizarnik.
WE BITE BACK
RAVE ON E PALESTINA LIBERA DAL SOTTOCASSA FINO AL MEDITERRANEO
🏴☠️🖤
da: Agenzia X

A tre anni dal decreto anti-rave, tra il 31 e il 2 novembre si è svolto il Witchtek, dove le crew e i sound si sono connessi per portare a termine la missione di un benefit per la Palestina, in supporto della Global Sumud Flotilla nel tentativo di rompere ancora i blocchi navali. Il messaggio è chiaro: le politiche di sicurezza e di iper-sorveglianza non funzionano.
Dalle periferie alle feste, dalle piazza al sottocassa e fino al Mediterraneo, le lotte sono trasversali e si alimentano a vicenda in un’unica direzione, quello della liberazione. E’ questo il momento per riorganizzare le nostre vite e i nostri desideri.
Durante i tre giorni di festa ha preso vita un grande corpo di autogestione e di pratiche differenti all’insegna della cura, del dialogo, della re-invenzione del reale e dell’immaginario, da qui il nome dell’evento, Tribal Laboratory. Tra i momenti di discussione c’è stata anche la presentazione del libro Incognita K (2025), edito per Agenzia X. Dalla pratica alla teoria, una cosa è chiara: non lo abbatti l’unico muro che non divide 🏴☠️
da: Radio Onda Rossa
Witchtek 2025: a tre anni dal decreto Anti-Rave


da: Casper, Ox – Pirate Crew
Modena, spazio liberato. Il vero “mostro” non è la Festa: è l’abbandono
Questo testo nasce ascoltando le parole delle testimonianze di chi c’era, dentro e attorno al Witchtek di questo fine settimana nell’area di Modena.
I fatti, secondo chi ha partecipato: diverse collettività del Nord e Centro Italia hanno occupato un complesso privato da decenni in disuso, trasformandolo per poche ore/giorni in una TAZ — una zona temporaneamente autonoma — fatta di autogestione, confronto politico e musica tekno. L’ingresso era libero, senza biglietto: la “sottocassa” era fatta di sorrisi, mutuo aiuto e donazioni, destinate — dicono — alle spese legali e a sostegno di Gaza. Subito dopo l’ingresso in occupazione, riferiscono, è arrivata la controparte in divisa: manganellate senza provocazione, feriti, militarizzazione dell’area. Eppure la Festa ha preso vita: proiezioni, presentazioni di libri, tavoli sui temi di repressione, diritto all’abitare e genocidio del popolo palestinese, oltre alla musica.
Qui sta già tutta la misura del doppio standard che denunciamo. Lo Stato che spesso lascia marcire interi quartieri senza servizi, che scompare quando nei territori in mano alle mafie si spara “per errore” e muoiono ragazzini di sedici anni, ritrova improvvisamente efficienza, mezzi e zelo quando un gruppo di giovani libera uno spazio morto e lo restituisce alla collettività per un fine settimana. Per i crimini del potere economico e politico — finanza tossica, corruzione strutturale, devastazioni ambientali — la repressione non arriva mai con la stessa prontezza: lì prevalgono rinvii, prescrizioni, scudi legali, patti in camere chiuse. Per la libera espressione, per le lotte sociali, per i corpi che ballano e discutono fuori dal mercato, invece, arrivano caschi, blindati e codici penali branditi come clave. La legge dell’ordine vale solo quando l’ordine difende la proprietà e il profitto.
Resta l’evidenza materiale del luogo: un ecomostro abbandonato da trent’anni, raccontano, lasciato così dal solito privato che ha licenziato, chiuso, fuggito e scaricato sulla comunità tonnellate di amianto e inquinanti. Nessuna indignazione di massa per decenni di incuria; nessuna task force permanente per bonificare e restituire quello spazio; nessun titolare trascinato al centro della gogna pubblica. L’indignazione esplode solo quando qualcuno riaccende la luce, spazza, monta impianti temporanei, organizza dibattiti e crea socialità dal basso. È intollerabile: si criminalizza l’autogestione mentre si normalizza l’abbandono. Si attacca chi rimette in circolo vita e relazione, non chi ha prodotto macerie materiali e sociali.
La Festa, dicono le/gli organizzatrici/ori, non è solo evasione ma atto politico. Noi lo sottoscriviamo: ballare insieme, senza tornelli né biglietterie, è un modo di rivendicare libertà individuale e collettiva; occupare un relitto immobiliare per aprirlo a pratiche intersezionali, transfemministe, anticapitaliste, antifasciste e antimperialiste è un gesto che rompe la gabbia dell’atomizzazione. La repressione “funziona” perché semina paura; ma la risposta, nelle parole di chi c’era, è trasformare la paura in coraggio comune: non piegarsi, non arretrare, continuare a scendere in strada, a occupare, a riappropriarsi di spazi tolti alle persone. È la pedagogia del mutuo soccorso: ci salviamo solo se ci prendiamo in carico a vicenda.
Sia chiaro: la differenza di forze è schiacciante. Dall’altra parte, apparati, fondi, media, narrativa penale pronta all’uso; dalla nostra parte, corpi vulnerabili, precariato, denunce, processi, fogli di via. Ma la sproporzione non giustifica la violenza: la rivela. Rivela chi si sente minacciato da un capannone che torna comunità per 48 ore, ma non si scompone davanti a fabbriche di malattia e morte lasciate a marcire per trent’anni. Rivela uno Stato che sparisce nelle periferie quando servono case, consultori, sport, cultura, e che però si materializza in assetto antisommossa quando una comunità autogestita sperimenta politica, cura e gioia.
Non ci interessa il teatrino dell’ordine pubblico usato come clava ideologica contro “i soliti ragazzi”. Ci interessa la sostanza: chi paga l’amianto? Chi bonifica? Chi restituisce spazi e diritti? Chi accompagna gli ultimi, chi resta indietro, chi non può permettersi l’intrattenimento a pagamento? Se la risposta è ancora “nessuno”, allora la Festa è già un servizio pubblico non riconosciuto: crea socialità, cultura, confronto, redistribuisce risorse, finanzia difese legali e resistenze dove lo Stato taglia e punisce.
Per questo la nostra denuncia è doppia. Primo: basta manganelli contro chi libera spazi. La priorità è la bonifica degli ecomostri, la restituzione sociale degli immobili in abbandono, l’investimento in cultura, case e salute territoriale. Secondo: basta ipocrisie. Se l’illegalità è l’abbandono, non chi lo interrompe per un fine settimana. Se il danno sociale è l’isolamento, non chi costruisce comunità. Se l’emergenza è la solitudine e la povertà, non chi prova a guarirla con politica, musica e mutuo aiuto.
Noi stiamo — senza ambiguità — dalla parte di chi ha riaperto quel portone. Stiamo con chi ha proiettato documentari, presentato libri, discusso di case e Palestina, ballato tekno e raccolto fondi. Stiamo con chi ha detto: “La Festa non è solo svago, è atto politico”. Stiamo con chi, di fronte alla paura, ha scelto il coraggio collettivo. E continueremo a dirlo: la libertà non si chiede in fila allo sportello, si pratica. Le TAZ non sono un crimine: sono un laboratorio di società futura. Finché il “mostro” resterà l’abbandono — e non chi lo interrompe — continueremo a conquistarci cuori e menti, a restare vivi un giorno in più del nemico, a liberare spazi senza farci prendere. Sempre al fianco degli oppressi, contro gli oppressori. Dalla parte giusta della storia.
CasX, NPR.
da: Collettivo Anarchico Libertario “Stella Nera” (Modena)
“Altro che Rave Party: speculazione e riciclaggio all’Ex Bugatti”

Stiamo assistendo da giorni, dopo gli eventi di Campogalliano avvenuti all’ex Bugatti, a un vero e proprio risveglio dell’identità regionale.
Vediamo la stampa nazionale e locale correre ai ripari con tentativi goffi di celare un malaffare che, presto o tardi, sarebbe venuto fuori: un vaso di Pandora che loro stessi, gli organi di potere, hanno contribuito a scoperchiare, tramite una delle più ridicole operazioni di polizia mai viste da vent’anni a questa parte. Un dispiegamento inverosimile che fa sorgere alcuni dubbi sulla carenza di agenti dichiarata dai comuni.
Ci si appella alla violazione di proprietà privata per aver invaso i luoghi dell’ex Bugatti, il cui attuale proprietario, Adrien Labi, noto speculatore francese, si era interessato al rilancio dell’impianto, paventando chiari progetti irrealizzabili che rivelavano fin da subito il classico pattern di svuotamento e stallo, per poi lasciarlo marcire.
Adesso Labi è coinvolto in un sequestro di ben 461 milioni di euro per evasione fiscale e riciclaggio.
Una compravendita tra lo speculatore francese e la Fabbrica Blu S.r.l., non del tutto limpida, che spalanca le porte a quello che nei prossimi mesi si potrebbe rivelare come un ennesimo caso di riciclaggio immobiliare, organizzato tra le due parti, ma che ad oggi non sembra interessare nessuno dei tanti garantisti apparsi nelle ultime ore.
Un ennesimo scempio di fagocitazione capitalistica, crimine organizzato e speculazione edilizia a tutto tondo, che lascia un buco in un piccolo paese come quello di Campogalliano: un buco dove si ammassano rifiuti, privo di manutenzione, con evidenti problemi per la sicurezza pubblica, lasciato a un’incuria completa e indifendibile.
Un ennesimo affare all’italiana che porta con sé una lunga lista di illeciti.
Imbarazzanti le dichiarazioni di Artioli e del suo club, che senza alcuna vergogna adesso provano a scaricare la responsabilità dei loro fallimenti su dei ragazzi, colpevoli solo di averlo utilizzato per una notte di festa da chi li ha svuotati, speculati, svenduti e poi dimenticati, in barba ai cospicui incentivi statali erogati. Incentivi stanziati a supporto di una struttura che ha visto il suo totale fallimento in soli 5 anni.
Noi non possiamo che provare vergogna per un tale livello di “paraculaggine” e accettare la caratura di questi piccoli uomini, inutili per la collettività. Una collettività sempre più priva di mezzi per comprendere la realtà, che glorifica rombi di auto di lusso che non possiederà mai, mentre assiste applaudendo e giustificando ai tagli dei propri stipendi, facendosi accompagnare per mano verso una precarietà sempre più disumanizzante.
E ancor più vergognoso è lo smisurato dispiegamento di forze dell’ordine e i metodi che hanno utilizzato, prima manganellando decine di ragazzə che volevano lasciare la fabbrica a festa conclusa e poi rivolgendo lo stesso trattamento ai/alle solidali che, dopo aver saputo dell’ accaduto, si sono ritrovatə nei pressi dell’ ex Bugatti per chiedere pacificamente che di lasciare uscire chi era ancora all’ interno dello stabile.
Ci schieriamo, senza fraintendimenti, con chi decide di liberare questi luoghi, anche solo per una notte.
Collettivo Anarchico Libertario STELLA NERA

da: Damir Ivic, Soundwall
E quindi, i Rave non sono più un pericolo?
Se c’era ancora qualche dubbio su come la tonante azione del Governo di tre anni fa sulla questione rave fosse guidata da mero, cinico e peloso opportunismo diremmo che ora l’argomento può essere considerato ufficialmente chiuso. Già: esattamente tre anni fa, per un rave nella zona fieristica di Modena con circa 3000 partecipanti, sembrava che la sicurezza dell’Italia intera e la sua tenuta sociale fossero in pericolo, un imminente apocalisse causata da qualche migliaia di persone che ballano. Oggi, 2025, praticamente nella stessa zona – stiamo parlando di una decina di chilometri di distanza – le persone che si sono radunate nel weekend di Ognissanti per un rave illegale sono state quasi il doppio, parliamo di circa 5000, ma dal Governo ci pare di non aver sentito nulla, nemmeno uno squittìo, almeno rispetto alle apocalittiche invocazioni e prese di posizione dell’anno 2022.
Com’è possibile?
È possibile: perché giocarsi adesso la carta del rave illegale come fenomeno di pericolosità e delinquenza sociale da reprimere con urgenza assoluta non è più possibile, ahiloro. Meloni, Piantedosi e Salvini e tutto il loro apparato se la sono giocata tre anni fa, tra l’altro malissimo, con degli errori da autentici inetti; e pur avendo avuto abbastanza carta bianca, a tre anni di distanza guarda un po’, sorpresa!, le cose si ripetono, i rave ci sono ancora, nella stessa zona, nello stesso periodo, perfino più partecipati di prima. Curioso, no? Chi tre anni fa si stracciava le vesti per lo svolgersi di questi eventi, chiedendo pieni poteri per debellarli, oggi si nasconde timido nel silenzio: perché dovrebbe ammettere che non è stato in grado di fare nulla, di cambiare nulla. Non è stato capace. Ha fallito.
[continua]
da: SUM – Sound Underground Music
“LA TEKNO E’ POLITICA”

La musica non cambia il mondo.
Ma ci ricorda che un altro mondo è possibile.
Negli ultimi mesi l’Europa vibra tra rabbia, repressione e desiderio di libertà.
Dalle strade di Parigi alla Tekno Parade Revendicative, fino a Modena, dove il Witchtek 2025 è finito tra scontri e cariche, i corpi che ballano diventano voce politica.
Non più solo “rave”, ma atto collettivo di resistenza, continuando a rivendicare i propri spazi di libertà.
Oggi, scendere in strada e accendere un sound system significa riappropriarsi dello spazio pubblico.
Significa dire no alla paura, alla censura, al silenzio.
Ma mentre le strade si riempiono di bassi e repressione, cresce anche un altro pericolo: la mercificazione dello spirito DIY.
Eventi “industriali” replicano l’estetica del free party — kick potenti, visual ipnotici — svuotandone però il senso politico.
È la colonizzazione del suono, dove la libertà è ridotta a format e la ribellione venduta come intrattenimento.
Difendere la tekno non significa rifiutare i club,
ma pretendere che restino spazi inclusivi, antifascisti, antirazzisti.
La tekno è politica quando difende i corpi, le comunità, le differenze.
Quando non si lascia comprare.
Dai campi di Castlemorton ai capannoni di Modena,
la tekno continua a essere un linguaggio di resistenza.
Un modo per costruire nuovi spazi, nuove relazioni, nuove possibilità.
“Creating techno is a way to escape reality — but also to rebuild it.”
— Adam Vandal, SUM Interview 2025
Leggi l’articolo completo → soundundergroundmusic.com
da: Global Movement To Gaza Italia
L’economia del genocidio vive dell’accettazione che non possa esistere un mondo diverso. Quando invece ci raduniamo in tanti, lontani dalle logiche di mercato e di controllo, ci sentiamo abbastanza forti da poterlo immaginare possibile. Accade in mare, in corteo e anche in una fabbrica abbandonata. Il primo motivo che ci spinge al raduno é il bisogno di socializzare e celebrare. Non a caso il primo decreto legge del governo Meloni è stato quello anti-rave.
Tra il 31 ottobre e il 2 novembre si è tenuto nel modenese un free party il cui ricavato andrà in supporto alla popolazione palestinese.
Al termine dell’evento, la questura ha bloccato l’uscita: cariche, lacrimogeni, pestaggi, arresti, mezzi danneggiati. 19 ore di assedio.
Persone bloccate senza acqua né cibo, sospensione del diritto alla salute, le forze dell’ordine hanno impedito al 118 ed ai pompieri di non intervenire malgrado informati della presenza di una ragazza con convulsioni ed un ragazzo ferito dal lancio di un lacrimogeno in pieno volto.
Più di 5000 persone hanno celebrato halloween fuori dai circuiti di lucro, riuscendo anche a raccogliere fondi per la causa palestinese, aggiungendo un significato in più ad un momento di ritrovo e liberazione. Torneranno a farlo e noi saremo con loro. Scudi e manganelli non ci fermano. Andiamo tutti verso Gaza.
8 novembre: Million marijuana march a Roma contro la sempre più violenta repressione poliziesca
15 novembre: Climate Pride a Roma
28 novembre: Sciopero generale contro la finanziaria della guerra
29 novembre: Mobilitazione nazionale in solidarietà con il popolo palestinese a Roma
5/11/2022 – da collaboratore (anonimo) di Rolling Stone Italia
“Sono 20 anni che suono, partecipo, organizzo freeparty. Ho suonato in capannoni abbandonati, manifestazioni, piazze, occupazioni. Le persecuzioni e le rotture di coglioni le abbiamo sempre avute sia dai questurini di destra che di sinistra.
Prendere di mira gente che balla in un luogo abbandonato non è una novità, è da sempre l’orizzonte mentale del cittadino medio che in quella meravigliosa esibizione di vitalità vede motivo di frustrazione e sgomento.
Durante l’oscurantismo democratico degli ultimi due anni e mezzo il ballare è stata la prima attività a essere proibita e l’ultima a essere riconcessa.
Per i politici rappresentiamo il capro espiatorio perfetto: criminalizzare una minoranza che si muove e pensa in modo diverso, rassicura il cittadino medio procurando consenso a buon mercato.
Quello che sta accadendo in questi giorni è un meccanismo che conosciamo. Lo abbiamo combattuto ieri e lo combatteremo domani. Se il potere costituito alza il livello delle persecuzioni, noi allora alziamo quello della protesta.
Che mille soundsystem sorgano in tutto il paese. Che i nostri fuochi avvampino nell’autunno dello scontento.”
——–
Le leggi anti-rave e il pacchetto sicurezza devono essere cancellati, così come la direttiva Piantedosi

da: Andrea Cegna, Milano in Movimento

“Se chiudi spazi, c’è chi apre portoni. Dove si sbarra, qualcuno scavalca. Non è deviazione: è conseguenza. In un paese che smantella sale prove, centri culturali, spazi sociali, strade vive, club indipendenti e piazze, la vita prende ciò che trova. L’illegalità e la rottura dell’imposizione delle norme non sono atti romantici né criminali: sono gesti di vita e di necessità.
I rave non sono un’anomalia: sono un termometro. Esattamente come il “blocchiamo tutto” per il popolo palestinese non è stato un atto criminale, ma un atto d’amore. Continuare a reprimere e a stringere le maglie della libertà genera conflittualità. “Conflittualità” è parola bandita dal dibattito politico: si è cercato di imporre la “resilienza” mentre, pian piano, si chiudevano spazi, piazze, parchi, strade, locali e si criminalizzava sempre più la povertà e lo “sballo”. Si sono cancellate politiche di mitigazione del danno, si è avuta paura di parlare di droghe (e di sessualità), si è pensato di fermare un vento che invece soffoca tutto dentro il grigio delle città.
Manganelli, lacrimogeni e narrazioni tossiche hanno colpito chi va ai rave già molte volte; il fenomeno è ancora vivo perché le città sono luoghi sempre più ostili e la necessità di libertà è più attuale che mai.”

🌒 WITCHTEK – Rave delle streghe 🌘
Condividiamo il discorso di apertura del Witchtek di quest’anno: consapevole, resistente, intriso di desiderio di lotta e di comunità. Parole che provengono da un mondo che non vuole morire: quello dei traveller, dei raver, di chi ancora crede nella tekno come linguaggio tribale, libero, universale.
Tutto il ricavato della festa per Gaza.
5.000 persone da tutta Italia, unite da un ritmo profondo e desiderio di libertà, che va oltre i confini e arriva fino alla terra di Palestina.
Il free party e l’appropriazione degli spazi abbandonati sono sempre stati atti politici.
Riaprire i luoghi morti del capitalismo e dell’industria per creare un mondo parallelo, in cui le persone si incontrano e il sopruso non esiste, in cui siamo tutti uguali, unite dentro un viaggio comune, un rituale collettivo che, come la tragedia greca, ha potere catartico per chi lo vive.
Viviamo anni di repressione: ddl sicurezza, decreto rave, controllo e paura.
È in questo contesto che cresce la voglia di lottare, di unirsi, di non piegarsi.
Le lotte si incontrano, si mescolano, si riconoscono.
Il Witchtek è consapevolezza collettiva, solidale e resistente, danza e lotta nello stesso tempo.
La polizia ha accerchiato il Witchtek con un dispiegamento di forze senza motivo.
Lacrimogeni, manganelli, una ragazza ferita all’occhio; l’ambulanza bloccata dalle forze dell’ordine non riesce a soccorrerla. 9 arresti, migliaia di persone e mezzi identificati, impianti sequestrati.
Il rave ha risposto con forza, unito e resistente.
Dalla Stazione Centrale di Milano, a Udine, a Bologna: ovunque si alza la testa contro la repressione ingiusta e cieca di questo sistema che ci vuole individui soli, chiusi nelle proprie bolle, senza possibilità di incontrarsi, amarsi, pensare collettivamente.
Il rave delle streghe è un atto rivoluzionario. È solidale con i popoli oppressi, come quello palestinese. Si riconosce in Francesca Albanese, chiamata “strega” dal rappresentante di isra3le all’ONU perché dice la verità al mondo intero.
Il Witchtek siamo tutte noi.
Chi balla, chi lotta. Chi crede ancora che la libertà non si chieda: si prende.
da: Enrico Semprini (Si Cobas), “La Bottega del Barbieri”
Proprietà privata… ma di cosa? Sul Rave di Modena

La proprietà è privata del possibile uso pubblico della stessa. Questo è il senso di una coppia di parole usate spesso per “fomentare i peggiori istinti” (avrebbe detto qualche barone).
I 5.000 giovani che hanno dato vita ad un rave a Campogalliano, nei pressi di Modena, inducono a riflettere su cosa sia la proprietà privata.
Partiamo da qualche antefatto per capire cosa garantisce questo Stato a chi ha il denaro sufficiente per tenere inutilizzati spazi e beni privati dell’uso alle altre persone.
In particolare: chi garantivano le “forze dell’ordine”?
Un bene, una porzione di territorio sul quale sorge il capannone della ex fabbrica in cui venivano prodotte le auto Bugatti. In questa disamina non ci addentreremo su quanto sia mai stata di utilità sociale diffusa una azienda che produceva auto di mega-lusso, di cui due modelli entrano nella classifica delle auto più costose del mondo con prezzi di 2 milioni e 2,4 milioni di euro.
A distanza di 30 anni dalla chiusura della fabbrica circa 5000 giovani si sono trovati per vivere l’esperienza di un Rave Party, un raduno temporaneo per divertirsi insieme, che generalmente si svolge in un’area abbandonata, con ingresso libero senza pagare denaro.
Di fronte a questa iniziativa, che si sarebbe conclusa spontaneamente poiché durava un fine settimana, si è assistito all’intervento delle forze di polizia che hanno identificato 2805 persone, diverse le hanno malmenate e moltissime gasate con i lacrimogeni, impedito l’arrivo di una ambulanza per soccorrere una persona colta da malore, come correttamente e coraggiosamente ha ricordato la senatrice Ilaria Cucchi, e 9 le hanno poi arrestate. Hanno sequestrato materiali di cui daremo conto.
Quali interessi dovevano garantire i poliziotti ed i carabinieri intervenuti?
Quelli del proprietario, un signore di nome Adrien Labi che viene descritto così: <<un ricco e discreto uomo d’affari britannico, a cui sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza francese 461 milioni di euro nel marzo del 2023 per evasione fiscale e omessa esecuzione di scritture contabili.>>
Come poteva dunque il governo italiano non cercare di garantire qualcosa di un signore così illustre? Tanto da aver superato quantitativamente l’evasione fiscale di un ex presidente del Consiglio italiano, appena celebrato con una pubblica manifestazione da una parte della maggioranza di questo governo che gli ha attribuito la paternità morale della “riforma” (virgolette) della giustizia (virgolette doopie, se esistono).
D’altra parte i giovani che hanno occupato la fabbrica, di cosa sono accusati?
Di invasione di terreni o edifici, grazie al nuovo articolo 633 bis del codice penale da poco inaugurato da questo governo, il cosiddetto “decreto sicurezza”.
Dato che un giurista ci fa notare che “Un’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui lede essenzialmente diritti di natura patrimoniale” cerchiamo di capire bene di cosa stiamo parlando.
La fabbrica ha chiuso da 30 anni ed è definitivamente in declino dal 2021, anno di acquisto da parte del signor Labi; non è stato considerato il “carattere artistico” della struttura da parte del ministero della Cultura e il progettista ha dichiarato ad un quotidiano locale che non è più sensato ipotizzare un recupero dello stabile.
Chi sono i pericolosi attentatori dell’ordine costituito?
Sono state arrestate 9 persone, quasi tutte ventenni eccetto un trentenne, quasi tutti studenti con ottimo profitto scolastico.
Quali erano le cose pericolose rinvenute tra i 2.805 identificati, per la maggior parte, come già detto, studenti?
Un coltello, un furgone, un camper, due autovetture e 22 unità di attrezzatura varia tra impianti audio, diffusori professionali, materiale tecnico ed altro utilizzato per l’impianto sonoro della festa.
Qualcuno si potrebbe chiedere: ma davvero ci vogliono far credere che è questa la emergenza criminalità in Italia? E’ così che funziona il decreto sicurezza, mandando poliziotti a fare queste fregnacce?
Sì, funziona così. E in tanti la credono una bella cosa, fra loro “illustri” rappresentanti della opposizione come Stefano Bonaccini, eurodeputato del PD originario di questa stessa città, che ha applaudito lo sgombero. Eppure dovrebbe ricordare che anni fa l’allora procuratore Vito Zincani dichiarò che “i modenesi lo avrebbero maledetto se avesse potuto far scomparire magicamente tutta l’imprenditoria malavitosa della città, perché l’economia di Modena sarebbe crollata”. Dunque qualche dubbio di opportunità sulla “gerarchia dei problemi” era lecito che la avesse anche Bonaccini, che invece ha pensato bene di lodare le forze dell’ordine. E’ dunque evidente che rappresenta una bella alternativa al governo esistente!
In effetti, oltre ad ascoltare musica, la stampa locale riporta altre cose preoccupanti, come il fatto che fossero state allestite bancarelle, promosse presentazioni di libri e addirittura si realizzavano tatuaggi. Poi, naturalmente, si registrava il fatto che si utilizzasse alcool… l’introduzione per poter dire “e droghe”. Inoltre sono stati fatti disegni sui muri, c’erano residui di cibo e sacchi di raccolta della spazzatura, peraltro già perfettamente sigillati.
Curioso non sia stato citato che era stata promossa una raccolta fondi per Gaza.
Una persona che vive problemi di tutti i giorni, forse si chiederebbe: dove è il reato? Dove è il problema? In cosa dovrei mai sentire minacciata la mia sicurezza da parte di giovani che si ritrovano per fare le cose descritte?
A parte l’idea che ci si deve divertire spendendo soldi come pare giusto a questo Stato e non in altro modo, sarebbe tutto piuttosto irrilevante per la vita di tutti i giorni.
Invece di quest’esperienza sarebbe bene valorizzare la denuncia implicita (da parte di tanti giovani) dello scandalo che suscita il concetto di “proprietà privata dei mezzi di produzione”.
Per trent’anni un’area può cadere in disuso senza che nessuno possa farci niente, perché quando un soggetto con il denaro sufficiente si è appropriato di una porzione di territorio o di beni immobili, nessuno può dire o fare nulla: è come se quella porzione di realtà non esistesse più. Ci hanno abituato a trovare “normale” tutto questo. Io trovo più normale che si pensi di poter usare un’area abbandonata in cui ci si dà un appuntamento per andarsi a divertire.
In conclusione, propongo un gioco in cui invito a cimentarsi; consiste nel mettere una crocetta tra due opzioni:
- sto dalla parte dello Stato che difende l’evasore Adrien Labi ed il suo giusto diritto di lasciare andare in malora la sua proprietà
- sto dalla parte dei 5.000 giovani che sono andati in un luogo abbandonato e lo hanno reso, seppur per breve tempo, luogo di divertimento e di cultura.
(*) io sono un uomo di oltre sessant’anni, che neppure volendo andrebbe mai ad un rave per oltrepassati limiti di età come per abitudini e gusti musicali differenti, però come si può capire dal tono dell’articolo metterei la crocetta sulla seconda risposta.
da : Suburbass (dj e producer tekno francese)
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“En ces temps de turbulences et de répression envers le mouvement freeparty, que ce soit en Italie, en France ou en Belgique, on a plus que jamais besoin de ce genre d’images. (https://www.facebook.com/romane.ducret/videos/2917724641781156)
Elles rappellent à la fois aux autorités et à l’opinion publique qui nous sommes réellement, ce que nous aimons profondément, et ce que nous défendons : la liberté, la musique, la fête, le partage et la solidarité.
Parce qu’au-delà des clichés et de la diabolisation médiatique, ces jeunes qu’on voit danser, rire, s’aimer dans cette vidéo… ce sont leurs propres enfants, leurs voisins, leurs étudiants.
Des jeunes qui ne cherchent ni la provocation ni le chaos, mais simplement un espace d’expression et de liberté qu’on leur refuse trop souvent.
FREEPARTY IS NOT A CRIME
