Condividiamo, da Sacha Delmas (*)
“Free Party: un altro mondo sotto repressione”
<<***Diffondere il più possibile!***
Come persona che era presente al Free Party, posso dire senza esitazione che la repressione è ben presente.
Contrariamente alle narrazioni dominanti diffuse da alcuni canali o figure istituzionali, non si tratta di un semplice raduno di festaioli spensierati. Quello che emerge è una comunità affiatata e strutturata intorno a valori forti. E mentre lo Stato riduce drasticamente i budget destinati alla sanità, all’istruzione e alla cultura, con il pretesto di una maggiore sicurezza, queste risorse vengono in realtà mobilitate per soffocare le contro-culture, spazi di libertà e le alternative.
Questo raduno non è solo una pista da ballo.
È un cantiere sociale, un laboratorio di idee, un esperimento politico.
Attraverso conferenze, workshop, sensibilizzazione e dibattiti sull’ecologia, l’intelligenza collettiva, l’economia solidale e la convivenza, stanno emergendo proposte concrete. L’autogestione non è una parola vuota: i partecipanti allestiscono le strutture, tengono puliti i luoghi, garantiscono la sicurezza collettiva, dimostrano rispetto e responsabilità.
Eppure il trattamento riservato dalle autorità è in netto contrasto con questa realtà: accuse di vandalismo, abuso di droghe e pericolosità.
Nel frattempo, altre forme di violenza sono ampiamente tollerate:
– in certi locali notturni, dove si verificano molestie e aggressioni;
– negli stadi laddove ci sono tensioni per il tifo – negli ospedali sovraccarichi di lavoro, dove gli assistenti si tolgono la vita;
– nelle scuole, dove gli insegnanti sono allo stremo;
– tra lx giovani abbandonati alla loro esistenza precaria.
Eppure è qui, nel mezzo di un campo reso impraticabile dalla pioggia, che le forze dell’ordine sono massicciamente dispiegate. Perquisizioni, blocchi stradali, controlli ripetuti, intimidazioni: tutto sembra essere fatto per scoraggiare, abbattere e rendere invisibili le persone.
A tutto questo si aggiungono accuse particolarmente calunniose: alcuni manifestanti sono stati etichettati come “fascisti”.
Le stesse persone che espongono bandiere per la pace, che si oppongono al razzismo, al sessismo e all’esclusione.
Le stesse persone che vengono derise come “sinistre” e “sognatrici”, mentre gruppi neonazisti marciano per Parigi – come hanno fatto il 10 maggio – quasi senza ostacoli.
Un’agghiacciante inversione di valori.
Le generazioni passate hanno rischiato la vita per opporsi al fascismo, in particolare durante la Seconda guerra mondiale. La loro memoria dovrebbe essere onorata. Ma oggi gli eredi di quella resistenza, i guardiani di un futuro diverso, sono repressi, gasati e sminuiti.
Questo campo fangoso, le sue tende, i suoi suoni elettrici, i suoi slogan… rappresentano molto più di una semplice festa: una voce collettiva, un grido d’allarme, un’utopia concreta.
Quella mattina, lasciare il sito è stata una sfida. Bloccati nel fango, perquisizioni sistematiche, controlli più severi, pressione della polizia: tutto rendeva difficile l’uscita. Eppure la solidarietà non vacilla mai. Le persone si aiutano a vicenda, i loro gesti sono calmi, i loro sguardi sono resistenti.
Quello che sta accadendo qui è politico. Ciò che sta accadendo qui riguarda tutti noi.
In tutto il mondo – in Palestina, Ucraina, Sudan, Nuova Caledonia, Cile – la gente si solleva di fronte all’ingiustizia. E anche qui i cittadini si rifiutano di arrendersi.
Non è una celebrazione che stiamo cercando di interrompere.
È una speranza.
La Francia non può essere ridotta a questo deriva autoritaria. Questo mondo non è ancora programmato per soffocare tutte le sue alternative.
Dobbiamo trasmettere questa realtà, diffondere i fatti e far sentire queste voci.
Sono necessarie.>>
*Sacha Delmas – (non è il suo vero nome) Giornalista freelance impegnato nelle lotte sociali, Sacha Delmas si occupa da diversi anni di movimenti alternativi, lotte ambientaliste, mobilitazioni contro la violenza della polizia e movimenti di cittadini ai margini dei circuiti istituzionali. Sempre sul campo, Sacha dà voce a coloro che raramente vengono ascoltati. Questo testo è stato scritto sotto pseudonimo per garantire la sua sicurezza e preservare la sua libertà di espressione.